Gli utilizzi della canapa tessile risalgono innanzitutto dalla Cina, dove dallo stelo della canapa la fibra veniva utilizzata per creare filati e la parte legnosa per la carta. Si tratta di un materiale molto antico, utilizzato prima della sete e del cotone. Il tessuto di canapa è leggero ma nello stesso tempo anche molto resistente, quindi la canapa veniva utilizzata per la creazione di corde, ma anche per le reti di pesca, in quanto resistente all’acqua salata, e per le vele.
Dalla Cina la canapa si espande per prima in Russia (ca. 600 a.C) dove veniva usata principalmente per le corde, raggiungendo da lì rapidamente tutta la Germania e si espanse in tutta l’Europa centro settentrionale, compresi la Grecia, i Balcani, Italia, Francia ed Inghilterra.
Culmine italiano ed europeo
Il culmine europeo nella produzione commerciale della canapa viene raggiunto intorno al 1400 soprattutto grazie allo sviluppo e l’espansione delle flotte mercantili. Il settore navale richiedeva notevoli quantità di canapa per le diverse parti delle grandi barche a vela come varie tipologie di corde e cordami, vele, ciondoli, le stoppe, sacche e reti da pesca, attrezzatura dei velieri ed altri utensili indispensabili. Si stima infatti, che almeno il 30% del costo complessivo di una barca era rappresentato dalla canapa [2].
L’Italia, con le sue allora Repubbliche Veneziane, riuscì velocemente a distinguersi dagli altri produttori europei grazie alla migliore qualità della fibra tessile che cresceva particolarmente bene in Romagna. Infatti, il clima mite della penisola ed il terreno particolarmente fertile tra Bologna e Ferrara e la conoscenza / bravura dei agricoltori nella preparazione dei terreni, sia in termini di resa per ettaro, nettamente migliore rispetto ad altri paesi, che per la quantità di acqua presente (necessaria poi in una fase successiva alla raccolta, ovvero per la macerazione degli steli) ha visto l’Italia diventare uno dei paesi più importanti nella produzione della canapa tessile ed il primo fornitore della Marina Britannica [3].
Ma anche nella zona del Piemonte, in particolare nella zona agricola della carmagnola (che successivamente si specializza di più nella produzione dei semi) così come al Centro e Sud (soprattutto nella zona di Napoli e Caserta) si segnalano importanti coltivazioni e lavorazione della canapa, anche tessile, sia per uso industriale che quello domestico.
Canapa: un'economia importante e promettente
Dal punto di vista economico invece, la produzione dei filati ha visto anche un notevole aumento dell’occupazione femminile, per lo più giovanissime donne e bambine, in quanto la lavorazione della fibra era prevalentemente manuale e richiedeva moltissima pazienza e precisione. La mano d’opera femminile aveva anche i costi più bassi rispetto alla manodopera maschile [4].
Industrializzazione 1900
Fino all’inizio del 1900 la manifattura della canapa era prevalentemente manuale, ovvero una volta raccolti gli steli, questi venivano messi ad essiccare al sole per un paio di giorni. Successivamente questi steli venivano assortiti in base alla lunghezza e messi a macerare nell’acqua (la durata dipendeva dalla temperatura dell’aria e dell’acqua). Appena la parte fibrosa iniziava a staccarsi dallo stelo si procedeva al recupero degli stessi ed alla nuova essiccatura, anche se per un periodo notevolmente inferiore rispetto al primo passaggio. Tramite ulteriori passaggi, cosiddetti “svezzatura e la graffiatura” (p. 518), che lasciavano quindi soltanto la parte della fibra che a questo punto era pronta per la lavorazione industriale, ovvero filatura, orditura e tessitura [5].
Nonostante la produzione ancora poco meccanizzata, la produzione italiana era molto ben organizzata ed i filati erano di una qualità nettamente superiore rispetto ad altri produttori europei. Infatti, all’inizio del 1900, Italia risultava la seconda nazione al mondo per la produzione della canapa, seconda soltanto alla Russia, ma seguita dalla Polona, l’Ungheria, la Jugoslavia e la Corea [6, p.15].
L’importanza del settore per l’Italia viene confermata nel 1873 con la creazione del Linificio e Canapificio nazionale, che riconosce ‘importanza di un settore manifatturiero che impiega circa 20.000 persone, produce filati greggi e candeggiati e fornisce marina, esercito, ferrovie, poste, tabacchi, ospedali con una ventina di stabilimenti prevalentemente nel nord d’Italia [7].
Il culmine viene raggiunto con l’industrializzazione e con la creazione del decorticatore, brevettato 1917 da George Schlichten, che permetteva di separare direttamente la fibra dagli steli, velocizzando quindi notevolmente il processo produttivo [8].
Anche i altri settori nei quali la canapa veniva impiegata, come la produzione della carta, hanno visto in quelli anni una certa proficuità/notevoli miglioramenti, ma i due conflitti mondiali e la Marihuana Tax, approvata nel 1937 negli Stati Uniti, ha bandito lentamente la produzione della intera pianta di canapa facendoci perdere questa pianta per diversi decenni, perdendo de facto anche conoscenza, per lo più non trascritta, della lavorazione della canapa.
Soltanto nel 1997 l’Unione Europea comincia nuovamente ad avvicinarsi alla canapa, introducendo diverse agevolazione per promuoverne la semina e la lavorazione.
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Approfondimenti e referenze:
[2, 5] Storia dell'agricoltura italiana: Il medioevo e l'età moderna, secoli VI-XVIII, Accademia dei Georgofili a cura di Giuliano Pinto, Carlo Poni, Ugo Tucci, 2001-2002
[3, 6] Una fibra versatile. La canapa in Italia dal Medioevo al Novecento, Clueb, Bologna 2005
[4, 7] https://www.emilcanapa.it/la-canapa/la-canapa-industriale-in-italia/
[8] Canapicoltura: passato, presente e futuro, Sosio Capasso, 2001
Foto:
[F1] Mark Stebnicki, Pexels
[F2] Sailing on the Seas, Link
[F3] Decorticatore brevettato da Schlichten
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